il linfedema e l’idraulica dei fluidi

Il circuito vascolare vede il deflusso del sangue arterioso verso la periferia e il ritorno del sangue venoso verso il punto di partenza, il cuore. Circa il 10% del fluido rimane come edema temporaneo negli spazi intracellulari e costituisce la linfa.

La linfa, che è un fluido simile a un gel, scorre in un sistema di trasporto dei fluidi costituito da capillari del diametro di 10-30 nanometri*
*(un nanometro = un milionesimo di millimetro).

Questi capillari a livello della cute formano una rete con vasi del calibro di 100 nanometri; da questa rete cutanea profonda hanno origine i precollettori linfatici con un diametro di circa 150 nanometri i quali drenano la linfa da una zona circoscritta verso vasi di calibro maggiore.
I precollettori quindi svolgono un ruolo di riassorbimento e di trasporto della linfa, e drenando un’area di circa 1,5 cm2 (regione del palmo della mano e della pianta del piede) e di circa 3-4 cm2 nelle altre regioni corporee.

Da qui la linfa trova vasi di trasporto, che raccolgono il fluido da vari precollettori, che hanno un calibro da 0,1 a 2 mm e al loro interno troviamo delle valvole che impedisco il deflusso contrario della linfa. Lo spazio tra due valvole si chiama linfangione.
Lungo il decorso dei vasi linfatici troviamo i linfonodi, preposti all’azione di filtraggio del fluido con l’eliminazione di qualsiasi agente estraneo; da cui la funzione, importantissima, immunitaria. E se la funzione è importante perché sbarazzarcene?

Ora poniamo il caso che per intervento chirurgico o incidente qualche vaso linfatico viene interrotto e quindi un’area significativa viene privata di uno o più elementi dedicati al drenaggio e al trasporto del fluido.
Cosa succede?
Succede che il nostro fluido, la linfa, sviluppa un edema cronico cioè una stasi di sostanze che, non trovando sbocchi di scorrimento, occupano gli spazi interstiziali tra le cellule e creano il linfedema. L’edema del fluido linfatico è costituito da proteine, acqua e sali minerali.

In una condizione normale possiamo assumere farmaci che favoriscono il deflusso linfatico, come i benzopironi (cumarina) e la L-arginina.

Ma se abbiamo una condizione di devastazione dei condotti linfatici a seguito di intervento chirurgico, di incidente o di trattamento radioterapico è chiaro che il deflusso dei fluidi è impedito e ostruito.

Le leggi di idraulica ci dicono che i flussi sono garantiti da volume-diametro-velocità con un rapporto ben preciso. Se diminuisco il diametro aumento la velocità (pressione), ma se riduco il diametro a zero non ho velocità e deflusso.

Un Tecnico, con formazione tecnica e non medica, sostiene che un condotto fognario tranciato e interrotto produce un intasamento degli spazi circostanti sino alla saturazione e quindi un reflusso dei fluidi contrario al senso di evacuazione.
E non c’è aspirina (!) che possa riparare il guasto.

E come riparare dei condotti di qualche milionesimo di millimetro?
La microchirurgia vascolare sta facendo dei tentativi come l’anastomosi linfo-venosa o il trapianto linfodonale, ma non sono state ancora risolte le leggi idrauliche: volume-diametro-velocità.

Se devio la linfa nelle vene aumento il volume in condotti di pari diametro e riduco la velocità, già scarsa, sino a creare trombosi venose.
Se introduco dei linfonodi in numero esiguo rispetto a quelli mancanti genero un sistema di vasi trapiantati di dimetro inferiore ai volumi da trattare, e la stasi permane.

Forse la soluzione sta nell’evitare la rottura dei vasi e degli annessi linfatici, così come il chirurgo sa di non distruggere i vasi vascolari perché poi il danno è irreversibile.

Ricordi infantili: al primo sintomo febbrile per mal di gola era automatica l’asportazione delle tonsille e delle adenoidi. Poi si sono accorti che qualche funzione l’avevano e non erano accessori come l’autoradio.
Di asportazione di tonsille non se ne parla più.

Il Prof. Veronesi aveva capito e quindi studiato come evitare la tecnica del “distruggi tutto” (protocollo Dyson come lo definisco) nel caso di mastectomia radicale per tumore al seno.
Speriamo non sia l’unico esempio.

Associazione Linfedema con noi-LCN
LUIGI CHIGNOLI
Presidente